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 Crocefisso

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Elena

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MessaggioTitolo: Crocefisso   Crocefisso EmptyMer Feb 24, 2010 4:09 pm

Un problema trattato nell'ultimo consiglio comunale, oltre ad essere un tema di grande attualità dopo la sentenza a favore della rimozione del crocefisso dalle aule ed un tema che divide le coscienze è la questione del crocefisso esposto in luoghi pubblici. ecco l'intervento dei due consiglieri di progetto Arosio:

Intervento di Cesare Molteni
Signor Presidente, Signori Consiglieri,
prima di ogni altra considerazione, desidero affermare che, come già accaduto in altre precedenti sedute di questa assemblea, il Consiglio comunale viene ora chiamato a pronunciarsi su un argomento che, almeno in parte, esula dalle sue prerogative istituzionali, in quanto investe l’interpretazione e applicazione di norme statali.
Non intendo, con questo, sottrarmi alla discussione su una questione che, contrariamente a quanto accaduto in altri Consigli di Comuni non lontani dal nostro, è stata posta in termini, oserei dire, più che pacati.
Desidero subito precisare che non intendo avventurarmi in dissertazioni filosofiche o teologiche, ma voglio solo svolgere alcune considerazioni di ordine generale, di fronte alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, dalla quale ha preso spunto la mozione odierna.
Innanzi tutto, Vi chiedo di consentirmi di formulare alcune domande: quanti, tra tutti coloro che hanno levato grida più o meno allarmate contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, si sono presi la briga di leggerne integralmente il testo?
Quanti, e non parlo da un punto di vista tecnico-giuridico, hanno esaminato con la dovuta attenzione e senza riserve pregiudiziali le molteplici, variegate e per nulla unidirezionali argomentazioni della Corte?
Quanti hanno fatto tesoro dei numerosi spunti di riflessione che nascevano e nascono dalle difficili questioni affrontate in modo tutt’altro che dogmatico dai giudici europei?
E quanti, invece, si sono limitati a utilizzare quella pronuncia come pretesto per scatenare, con toni più o meno accesi, battaglie in difesa, oserei dire, più supposta e ostentata che reale, di una religione cattolica, quotidianamente vilipesa nei fatti e nelle condotte individuali?
Lascio a ciascuno la risposta.
Non posso, tuttavia, astenermi dal manifestarvi la mia sincera sorpresa nel vedere che la mozione oggi in discussione viene presentata da un gruppo che, tra i suoi componenti, ha Consiglieri che appartengono a un partito i cui rappresentanti nazionali si gloriano di essersi sposati con matrimoni celtici e celebrano annualmente riti al Dio Po, che non mi pare abbia molto a che vedere con quel Dio il cui figlio si è immolato sulla Croce per il bene dell’umanità.
Ma tant’è, così va il mondo e così tira il vento!
Se poi volessimo, solo per pochi istanti, esaminare il senso della pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo e, prima ancora, la vicenda che ne è stata alla base, scopriremmo, forse, alcune sorprese.
Scopriremmo, per esempio, che alla base della decisione c’è un’iniziativa giudiziaria intrapresa da una cittadina italiana di origini finlandesi, che ha semplicemente rivendicato il diritto di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni religione.
Scopriremmo che la Corte, pronunciandosi su tale punto, non ha affatto sottovalutato l’importanza della religione, in particolare quella cattolica, nell’educazione e nella crescita dei propri figli.
Scopriremmo che la Corte si è limitata ad affermare che, nel rispetto delle libertà individuali garantite dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo di cui anche l’Italia è firmataria, è opportuno evitare che la presenza di un “segno esteriore forte” della religione cattolica, quale certamente è il crocifisso, “possa essere perturbante dal punto di vista emozionale per gli studenti di altre religioni o che non ne professano alcuna”.
Scopriremmo ancora che, secondo i giudici di Strasburgo, che sono chiamati a garantire equilibri difficili e assicurare la tutela di ogni diritto, “il rispetto delle convinzioni religiose di alcuni genitori non può prescindere dalle convinzioni degli altri genitori”.
Né, in uno Stato fondato sui principi di libertà e democrazia possono valere argomentazioni di carattere maggioritario, che giustifichino il mantenimento del crocifisso sulla base della considerazione che la grande maggioranza della popolazione sia favorevole ad esso.
Concedetemi la licenza di citare un grande teorico del diritto, Ronald Dworkin, il quale ha ricordato che «l’istituzione dei diritti è cruciale perché rappresenta la promessa della maggioranza alla minoranza che la sua dignità ed eguaglianza saranno rispettate. Quando le divisioni tra i gruppi sono molto violente, allora questa promessa, se si vuole far funzionare il diritto, dev’essere ancor più sincera». La garanzia del diritto, fosse anche quella di uno solo, è sempre un essenziale punto di riferimento per misurare proprio la tenuta di uno Stato costituzionale.
Letta senza l’uso di lenti ideologiche e con occhi sinceramente democratici e liberali, la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo indica la via per la creazione di un’Italia in cui si rafforzano le condizioni della convivenza tra diversi, dove acquista pienezza quel diritto all’educazione dei genitori che, giustamente, i cattolici rivendicano per sé, ma che deve valere per tutti.
Nello stesso tempo, quella sentenza libera anche tutti i cattolici da strumentalizzazioni e argomentazioni fuorvianti che, solo per salvare la presenza della Croce sui muri delle aule scolastiche, ne svalutano e sminuiscono più o meno inconsciamente la valenza, riducendo il simbolo drammatico della morte di Cristo a una semplice icona culturale.
Forse, più di ogni altra considerazione, valgono le parole contenute in questa breve frase dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi: “È meglio essere cristiano senza dirlo piuttosto che proclamarlo senza esserlo”.
Lasciando libertà di scelta al mio collega di gruppo, preannuncio la mia astensione dal voto.


Intervento di Francesco Curioni
Signor Presidente del Consiglio Comunale, signor Sindaco e signori Consiglieri, prendo atto del riferimento al simbolo cristiano quale simbolo – cito la mozione oggetto di discussione – di “valori naturali, che vanno al di là del suo significato religioso”.
Simbolo – leggo ancora – che “comunica un umanesimo che ha per fondamento la civile convivenza di popoli e culture diverse”.
Proprio a sottolineare tali valori, la cui grandezza è tale, da incutere certamente timore, ritengo opportuno citare, alcuni tra i versi che personalmente – pur essendo io non credente – ritengo tra i più forti e significativi, tratti dal Vangelo secondo Matteo (per la precisione, i versi 34-36 e 40 del capitolo 25): “…34Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. 35Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi … 40Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Ciò letto, peraltro, non posso astenermi dal pormi e porre un interrogativo. Prettamente politico, ché – dato l’argomento – proprio di politica nazionale deve parlarsi in questa sede.
Mi chiedo, infatti, come tali immensi valori possano conciliarsi con provvedimenti di legge, misure amministrative e prese di posizione, che vengono assunti proprio da quell’area di partito, alla quale “Arosio Viva” ha apertamente e orgogliosamente dichiarato di appartenere.
Precipuamente (ed a titolo di esempio) in materia di immigrazione.
Mi riferisco alla recente introduzione del reato di “immigrazione clandestina”, che eleva addirittura a fattispecie di reato la sola e semplice presenza dello straniero, privo di premesso di soggiorno, sul territorio italiano.
Mi riferisco alla paventata intenzione di includere, irragionevolmente, il reato di “immigrazione clandestina” tra quelli (incommensurabilmente gravi), che saranno esentati dall’applicazione dell’ennesima riforma del Codice di Rito Penale, meglio conosciuta con il nomignolo di “processo breve”, riforma che – a malizioso dire dei proponenti – dovrebbe dare concreta attuazione al principio del “giusto processo”, principio di rilevanza costituzionale, sancito all’art. 111 della nostra Costituzione.
Mi riferisco al prolungamento dei tempi di reclusione (perché non di altro si tratta) degli immigrati clandestini nei cosiddetti “centri di prima accoglienza”.
Mi riferisco alle più volte declamate chiusure, a che si possa riconoscere, quantomeno ad immigrati “in regola”, da anni presenti sul territorio italiano, di poter essere parte attiva anche alla vita amministrativa e pubblica.
Mi riferisco alle pubbliche dichiarazioni di compiacimento – tutte da verificarsi, peraltro, in punto effettività – sul crescente numero delle eseguite espulsioni di clandestini, senza alcun pensiero per i profondi drammi personali (e spesso nazionali) che si nascondono dietro ciascuno (o gran parte) di quegli uomini.
Mi riferisco agli infiniti calvari “burocratici”, che gli stranieri sono perennemente costretti a percorrere, a cadenza periodica, onde ottenere o rinnovare l’agognato permesso di soggiorno, che ne consente la permanenza in Italia.
Mi riferisco alla mancata elaborazione ed attuazione di seri programmi e progetti di integrazione degli immigrati.
Quanto sopra, per restare su alcune delle note critiche, avanzate – si badi – non da appartenenti a partiti politici avversari a quelli ai quali dichiara di appartenere il gruppo di ArosioViva, ma da esponenti e stampa di area cattolica (ricordo, per tutti, il settimanale “Famiglia Cristiana”, che su tali argomenti ha fatto sentire più volte la propria voce di dissenso).
E non entro nel merito di altre grandi questioni, tanto complesse, quanto delicate, nelle quali le iniziative assunte hanno piegato i valori al cinico sfruttare i “nervi scoperti” dell’opinione pubblica, fomentando astio ed ancora astio, anziché coltivare dialogo, ponderazione e sereno confronto (oltre ai temi dell’immigrazione, vedasi la materia della fecondazione assistita, delle convivenze di fatto, del testamento biologico). Il tutto, badando più a raggranellare consenso popolare o delle gerarchie ecclesiali, che a fornire saggia, meditata, adeguata e lungimirante risposta, a profonde esigenze umane ed a legittimi fenomeni sociali.
Proprio nell’interesse dell’Uomo, per il quale il Cristo – per chi vi crede – ha sacrificato la propria vita.
Queste riflessioni pesano come un macigno, allorchè ora sono richiesto di dare il mio appoggio alla mozione oggetto di esame, per quanto – non ho remore a riconoscerlo – confezionata con equilibrio dal Capogruppo Pino Proserpio.
Eccezion fatta – non ne abbia a male l’estensore – nella parte finale, ove pecca di assoluta genericità laddove si richiede l’impegno incondizionato a “sostenere ogni iniziativa volta a difendere il crocifisso … a tutelare nei modi più appropriati un simbolo irrinunciabile della propria identità…”.
Genericità, della quale, per mia forma mentis, diffido sempre.
Se, dunque, per un verso posso certamente condividere gli umani valori universali, insiti anche nel simbolo cristiano, per altro verso – proprio per il profondo rispetto che nutro per tali valori – neppure posso dare il mio appoggio a questa mozione.
Non sento, proprio dall’area di partito proponente, quelle genuinità, limpidezza e coerenza, che questioni di tale portata necessariamente richiedono, sì che possano essere davvero serenamente, seriamente ed unitariamente condivise.
Comunico, pertanto, la mia decisione di astenermi dal voto.
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